LINEE GUIDA: IL MEDICO È OBBLIGATO A SEGUIRLE?

LINEE GUIDA: IL MEDICO È OBBLIGATO A SEGUIRLE?

Le linee guida sono dei parametri di riferimento cui i medici si devono attenere nello svolgimento della loro attività professionale. Sono raccomandazioni cliniche formulate sulla base di quanto è scritto nella letteratura e delle opinioni di medici esperti, al fine di guidare ogni medico nella esecuzione di una operazione delicata, così come nella prescrizione di una cura.

Le linee guida, infatti, sono la risultante di numerose prove che, oltre ad essere realizzate su diverse tipologie di soggetti, in diversi contesti geografici e clinici, valutano anche i possibili costi delle cure che suggeriscono ed i correttivi che, di volta in volta, possono rendersi necessari in funzione dei differenti sistemi di valori e delle preferenze dei pazienti.

Tuttavia le linee guida (proprio in quanto ‘guida’) devono essere flessibili, nel senso di essere in grado di adattarsi a tutte le situazioni specifiche (condizioni cliniche del paziente e vincoli posti dall’organizzazione). Il medico, infatti, non può certo essere vincolato nella sua decisione clinica ad una strada già tracciata, in quanto deve (al contrario) poter esercitare il suo giudizio caso per caso e deve poter coinvolgere il malato nelle decisioni da assumere: spesso le opzioni terapeutiche sono varie e la scelta tra esse si basa (oltre che sulle indicazioni fornite dalle linee guida) anche sulle preferenze del malato.

Proprio per questo motivo, è importante che le linee guida siano flessibili e molto ancorate alla realtà circostante: il gruppo di lavoro che le elabora, infatti, durante la loro stesura, deve porre una particolare attenzione alla (concreta) situazione socio sanitaria, personale e tecnica nella quale si opera.

Tutto ciò premesso: il medico è obbligato a seguire le linee guida?

Il medico deve operare (e prescrivere cure) avendo, come “guida”, le linee guida condivise dalla comunità scientifica; ciò, però, senza mai dimenticare la necessità di valutare la situazione clinica del proprio paziente caso per caso e, soprattutto, le sue decisioni (necessariamente espresse nel consenso informato).

Uno degli obblighi principali di un medico è quello di informare adeguatamente il proprio paziente dei trattamenti terapeutici a cui dovrà essere sottoposto e delle conseguenze che ne seguiranno; soltanto a seguito della dovuta informazione, il paziente potrà (o meno) prestare il proprio consenso e sottoporsi (oppure no) alle cure e agli esami previsti.

Il senso della normativa è quello di consentire al paziente, debitamente informato (e, dunque, consapevole delle conseguenze che seguiranno alle diverse scelte cliniche da adottare), di decidere autonomamente per sé (ovvero di autodeterminarsi).

La violazione dell’obbligo informativo determina una condotta omissiva da parte del medico a prescindere dall’esecuzione corretta o meno del trattamento. Questo significa che se il medico (rifacendosi alle linee guida) non ti fornirà le dovute informazioni circa i possibili trattamenti da effettuare e le possibili conseguenze di essi, sarà responsabile per il mancato adempimento del suo obbligo informativo, anche se l’operazione andrà bene. 

L’obbligo informativo comporta che il medico non possa limitarsi a farti firmare un generico documento prestampato ma debba metterti a conoscenza della natura del trattamento, delle modalità di esplicazione, della portata, dei suoi possibili risultati e delle eventuali implicazioni negative che possano determinarsi.

Le linee guida sono certamente un parametro di valutazione che aiuta il medico nel caso in cui un’operazione non abbia successo o una cura arrechi un danno al paziente. Senza dubbio, infatti, una condotta conforme alle linee guida sarà più diligente di una difforme che si presumerà essere negligente o imprudente: questo, però, non crea alcun automatismo per il quale chi non segue le linee guida sia automaticamente imprudente o negligente (e, di conseguenza, responsabile). Questo è quanto ha chiarito la Corte di Cassazione (Cass. Ord n. 30998/2018) affermando che il medico non è obbligato a seguire le linee guida per la cura e l’intervento dei pazienti in quanto le sue scelte devono restare discrezionali e tali da consentirgli di valutare le situazioni cliniche caso per caso, decidendo (qualora lo ritenesse più opportuno) di disattendere le indicazioni fornite dalle linee guida.

CREDITI IMPIGNORABILI NEL PIGNORAMENTO PRESSO TERZI

Come è noto, il creditore non deve necessariamente elencare, nell’atto notificato al “terzo”, le somme o i rapporti da pignorare; può restare vago, limitandosi a parlare genericamente di “crediti”. Ad esempio, in caso di pignoramento in banca, l’atto non deve specificare il numero di conto corrente ma può riferirsi a qualsiasi rapporto di credito tra il cliente e la sua banca, facendovi così ricadere, ad esempio, anche la gestione di un portafoglio titoli. Esistono però dei casi in cui il pignoramento presso terzi trova dei limiti. Si pensi alle polizze vita o agli assegni di invalidità

Sono «crediti impignorabili» tutte le somme che non si possono pignorare.

Si tratta in genere di denaro versato in favore di determinate persone per scopi sociali o di sostentamento. Vediamo quali sono tali crediti.

POLIZZE VITA

Tutti i soldi che versi in una assicurazione per garantire una rendita a chi ti succederà in caso di morte non può mai essere pignorata da nessun creditore, neanche dall’Agente della Riscossione.

CREDITI ALIMENTARI

L’articolo 545 del codice di procedura civile elenca una serie di somme che non si possono pignorare, anche se lo fa in modo generico. Infatti, la norma si apre dicendo che non si possono pignorare i crediti alimentari. Questi possono eccezionalmente essere pignorati solo per «cause di alimenti» e sempre previa autorizzazione del presidente del tribunale che ne stabilisce la quota massima.

Tra i crediti alimentari ci sono i cosiddetti alimenti ossia quelle somme che vanno versate ai familiari più stretti o al donante quando uno di questi versi in condizioni di estrema povertà tanto da essere a rischio la sua stessa sopravvivenza. Si pensi al caso del figlio che deve aiutare il genitore vecchio e malato o viceversa.

Dubbi ci sono in merito all’assegno di mantenimento che deve versare l’ex coniuge. Anche se questo serve comunque a garantire la sopravvivenza la terminologia sposata dal legislatore è differente e l’importo è di sicuro superiore a quello degli alimenti. Secondo alcuni autori si può pignorare l’assegno di mantenimento solo laddove  esso abbia in tutto, o anche in parte, natura “alimentare”, cioè sia destinato a soddisfare le esigenze di vita del beneficiario. L’assegno dell’ex coniuge è invece pignorabile se il beneficiario ha già modo di sopravvivere o comunque lo è nella parte che eccede lo stretto indispensabile per la sopravvivenza.

In ogni caso i crediti alimentari sono pignorabili solo nel caso in cui il creditore agisce, a sua volta, per un altro credito alimentare non corrisposto.

SUSSIDI DI SOSTENTAMENTO PER I POVERI

Sempre l’articolo 545 del codice di procedura dichiara totalmente impignorabili i crediti aventi per oggetto sussidi di grazia o di sostentamento a persone comprese nell’elenco dei poveri. Si tratta quindi dei contributi previsti dalle numerose leggi statali – e che si sono susseguiti nel tempo con svariati nomi – in favore di chi ha un reddito molto basso o del tutto inesistente. Non è quindi pignorabile il reddito di inclusione (ormai abolito), la pensione sociale o l’assegno sociale.

Per il reddito di cittadinanza di recente introduzione, bisogna attendere gli sviluppi della giurisprudenza. Di sicuro è che non si tratta di un sostegno alla povertà ma di una misura attiva dal lavoro, circostanza che lo potrebbe porre al di fuori dell’ambio dell’articolo 545 e quindi consentirne il pignoramento.

Non sono neanche pignorabili eventuali sussidi per i poveri garantiti dal Comune per il sostegno degli affitti.

Anche l’indennità di mobilità è impignorabile in quanto ha natura di sussidio.

Al contrario l’indennità di cassa integrazione è pignorabile perché sostituire lo stipendio.

La stessa Naspi, ossia l’indennità di disoccupazione, in quanto rivolta a garantire un salvagente a chi si trova senza lavoro, può essere equiparata allo stipendio ed è quindi pignorabile.

SUSSIDI DI MATERNITA’

Non sono pignorabili i sussidi dovuti per maternità dall’Inps alle lavoratrici che hanno appena partorito. Quindi i vari bonus bebè non possono essere aggrediti dai creditori.

SUSSIDI PER MALATTIE

Sussidi per malattie o funerali erogati da casse di assicurazione, da enti di assistenza o da istituti di beneficenza non possono neanche essere pignorati.

In questo elenco si può far entrare l’assegno di invalidità, la pensione di invalidità e l’accompagnamento per chi non è in grado di deambulare e/o di compiere gli atti ordinari della vita quotidiana.

ASSEGNI FAMILIARI

Anche gli assegni familiari non possono essere pignorati salvo, anche qui, nel caso in cui il creditore agisca, a sua volta, per un altro credito alimentare non corrisposto. Così, per esempio, il figlio potrebbe pignorare nei confronti del padre, inadempiente all’obbligo di versamento del mantenimento, gli assegni familiari che il datore di lavoro versa al genitore. I tutti gli altri casi, tali assegni non possono essere pignorati.

PENSIONE

Per quanto riguarda la pensione, come noto – al pari dello stipendio – il pignoramento può arrivare fino a massimo un quinto. Quindi quattro quinti della pensione non si possono toccare. Ma non solo. A differenza della retribuzione del lavoratore dipendente, della pensione il creditore non può toccare il minimo vitale (che è pari a 1,5 l’assegno sociale). Con la conseguenza che il quinto pignorabile si calcola sull’importo della pensione dal quale è già stato detratto il minimo vitale. Questo vale a prescindere dall’entità dell’assegno pensionistico.

ROSARIA SAVASTANO

Nel giorno delle esequie vogliamo ricordare con una preghiera la Dr.ssa Rosaria Savastano, già presidente della sezione civile del tribunale di Reggio, dove aveva lavorato per sette anni, dal 2009 al 2016, quando assunse l’incarico di presidente del tribunale di Ferrara. La Dr.ssa Savastano si è spenta il 12 gennaio 2019 a Ferrara a 66 anni d’età.
Originaria di Napoli, in magistratura dal 1979, aveva ricoperto importanti incarichi, tra cui quello in Corte d’Appello a Bologna. Nella nostra città, dove per alcuni mesi – dal febbraio al dicembre 2010 era stata anche presidente reggente del tribunale – si era particolarmente distinta per l’impegno nel campo del diritto di famiglia e in difesa delle donne: era stata, infatti, tra le artefici del tavolo interistituzionale contra la violenza sulle donne. Lascia il marito Lucio Di Stefano, anch’egli magistrato. Unanime il cordoglio di colleghi e amici reggiani. Voglia il Signore accoglierla nella sua Luce, riposi in pace.

DIVIETO DI FUMO AL VOLANTE

Attualmente la legge (D. Lgs. 6/2016) proibisce le sigarette nell’ambito di una precedente normativa sul divieto di fumo nei luoghi chiusi e all’interno dei mezzi di trasporto (Legge n. 584/1975). 
Solo che il limite scatta nel momento in cui ci sono certe categorie di persone a bordo. Secondo la normativa in vigore attualmente, fumare alla guida è vietato solo se a bordo dell’auto ci sono dei minori di 18 anni e delle donne in evidente stato di gravidanza.
Chi non rispetta il divieto di fumare alla guida con a bordo un minorenne sarà obbligato a pagare una sanzione da 27,50 a 275 euro.
Tuttavia, l’importo della multa aumenta se a bordo dell’auto deve sopportare il fumo del conducente un ragazzino minore di 12 anni o una donna in evidente stato di gravidanza. La sanzione sarà di 500 euro.
In questi casi, diversamente da ciò che succede per buona parte delle violazioni al Codice della strada, non è ammesso lo sconto per chi paga la multa entro 5 giorni. Perchè la normativa non fa riferimento alle regole sul Codice della strada ma a quelle che tutelano la salute dei non fumatori.
Chi volesse contestare la sanzione, deve farlo presentando un ricorso al Prefetto entro 30 giorni dalla data in cui è stata consegnata o notificata.
Fumare alla guida: cosa cambierà
Se la proposta di legge presentata alla Camera verrà approvata (deve ancora prenderla in esame la commissione Trasporti), fumare alla guida sarà vietato anche quando il conducente sarà da solo in auto.
L’articolo 10 della proposta di legge, infatti, introduce nel Codice della strada un nuovo articolo (il 173-bis) che, al comma 1, recita testualmente: «Al conducente è fatto divieto di fumare durante la guida». Il comma successivo si limita a stabilire la sanzione da pagare nel caso in cui il divieto non venga rispettato, cioè da 160 a 646 euro.
Il legislatore vuole raggiungere due scopi: aumentare la sensibilizzazione contro il fumo e garantire maggiore sicurezza sulla strada.
Secondo i dati più recenti, infatti, almeno il 15% degli incidenti stradali sono riconducibili a distrazioni dovute alle sigarette: chi distoglie lo sguardo dalla strada per accenderle, chi è disturbato dal fumo negli occhi, chi fa una manovra imprecisa perché impegnato a non far cadere la cenere della sigaretta che tiene in mano… Si calcola che la media di distrazione mentre si fuma al volante sia di 11,5 secondi contro i 10,6 secondi di distrazione per comporre un numero di telefono al cellulare!

DETRAZIONI FICALI 2019

Anche per il 2019, le detrazioni fiscali su lavori in casa, acquisto mobili e giardini seguono il cosiddetto «principio di cassa»: vale la data di pagamento della fattura della ditta e non quella di inizio dei lavori o la data riportata sulla fattura. 
Ecco l’elenco di lavori per i quali è prevista la detrazione:
1 Lavori di ristrutturazione
2 Lavori di riqualificazione energetica
3 Prevenzione antisismica
4 Acquisto mobili ed elettrodomestici
5 Sistemazione a verde
Per maggiori informazioni siamo disponibili per assistenza e consulenza

CODICE DI COMPORTAMENTO A SCUOLA

Il dirigente scolastico può vietare pantaloncini corti e minigonne a scuola, così come può inibire l’uso di cellulari e tablet che non sia a fini didattici.
L’insegnante può sequestrare i cellulari purché li restituisca alla fine delle lezioni o li dia alla scuola che li custodirà fino alla consegna ai genitori

VENDITA DI UN IMMOBILE: CHI PAGA LE SPESE CONDOMINIALI

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza n. 15547/17; depositata il 22 giugno
Vendita di un immobile: chi paga le spese condominiali
Spese ordinarie: responsabile in solido l’acquirente solo per gli arretrati dell’anno in corso e di quello precedente.
Spese straordinarie: conta chi era condomino all’approvazione dei lavori.
In particolare, per le spese ordinarie il codice civile stabilisce che:
· per le spese relative all’anno in cui è avvenuto il passaggio di proprietà (a prescindere che esso consegua a vendita, donazione, ecc.) e per quelle dell’anno precedente, l’amministratore può rivolgersi sia al venditore che all’acquirente. In altre parole può chiedere, indifferentemente, sia all’uno che all’altro l’integrale versamento della somma lasciata in sospeso. A riguardo si parla di “responsabilità in solido”;
· per le spese relative agli anni pregressi resta responsabile solo il venditore;
· per le spese relative agli anni successivi a quello del rogito è obbligato solo l’acquirente.
Per evitare il rischio di pagare gli arretrati del venditore, l’acquirente potrà:
– chiedere al venditore di farsi rilasciare dall’amministratore di condominio una certificazione con cui si attesti che non vi sono arretrati e che, alla data della vendita della casa, sono state integralmente pagate le spese condominiali maturate fino a quel momento
– stabilire nel contratto di vendita che delle spese di condominio eventualmente maturate nell’anno in corso o in quello precedente si faccia carico solo il venditore e che, quindi, non ricadano anche sull’acquirente. Attenzione però: tale patto ha valore solo tra le parti e, quindi, non vincola anche il condominio che ben potrà rivolgersi ugualmente al nuovo condomino (salvo poi il diritto di regresso verso il venditore).

PENSIONE DI REVERSIBILITÀ: ALLA MOGLIE O ALLA EX MOGLIE?

Cassazione civ. Ord. Sent 16602/2017 del 5.07.17
Secondo la Cassazione la divisione della pensione di reversibilità tra due mogli va fatta sia sulla base del criterio della durata dei rispettivi matrimoni, sia ponderando gli ulteriori elementi quali l’entità dell’assegno di mantenimento riconosciuto all’ex coniuge, le condizioni economiche dei due e la durata delle rispettive convivenze prematrimoniali
CORTE DI GIUSTIZIA UE: INDENNIZZO PER VOLO CANCELLATO
1/07/2017
La Corte di Giustizia UE, sez. VIII, con sentenza n° C-302/16, ha stabilito che, “Il vettore aereo operativo è tenuto a pagare la compensazione pecuniaria di cui al regolamento (CE) n. 261/2004 in caso di cancellazione del volo che non è stata oggetto di una comunicazione ai passeggeri almeno due settimane prima dell’orario di partenza previsto”.
SEGGIOLINO AUTO BIMBI
30/06/2017
Non potranno più essere venduti i seggiolini senza schienale, neppure per i bimbi più grandi (oltre i 100 cm, ca 4 anni).
Chi già ne possiede uno sprovvisto, precedentemente omologato, può continuare ad utilizzarlo sapendo però che ne va della sicurezza del bambino. Non è più obbligatorio il ‘sistema Isofix’ per i bambini da 1 metro a 1 metro e mezzo di altezza, per cui i genitori saranno liberi di scegliere le modalità di installazione che preferiscono.
In caso di violazione delle norme le sanzioni per chi fa viaggiare i bambini in auto senza sistemi di ritenuta adeguati la multa può variare da 80 a 323 euro. Nel caso di due multe per la stessa infrazione nell’arco di tempo di due anni, arriva la sospensione della patente da 15 giorni a 2 mesi.
DIVORZIO E ASSEGNO DI MANTENIMENTO
29/06/2017
Trib. Milano, sent. del 5.06.2017
Divorzio e assegno di mantenimento: cambia l’orientamento.

Interessante recente sentenza del tribunale di Milano
La Cassazione ha fornito alcune indicazioni per individuare il criterio dell’autosufficienza economica; questa scatta quando:
o si è in possesso di un reddito di lavoro (autonomo o dipendente);
o si è titolari di case (anche se non date in affitto) potenzialmente produttive di reddito, o di beni mobili come azioni, titoli, quote in società, ecc.;
o si ricevono aiuti economici dai genitori;
o si possiede la capacità di lavorare per età, formazione e precedenti esperienze;
o si è ottenuto l’assegnazione della casa coniugale, il che costituisce sicuramente una ricchezza perché sottrae alla necessità di pagare un affitto.
Il Tribunale di Milano condivide il recente orientamento della Cassazione che considera non più attuale né applicabile al nuovo contesto sociale e legislativo, il parametro del precedente “tenore di vita” goduto dalla coppia quando ancora era unita, per individuare il diritto dell’ex coniuge richiedente l’assegno divorzile.
Quindi per stabilire quando si perde il diritto all’assegno di mantenimento bisogna innanzitutto verificare l’adeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge richiedente l’assegno di divorzio e la possibilità o meno per ragioni oggettive dello stesso di procurarseli. In poche parole bisogna considerare la sua indipendenza economica.
112: IL NUMERO UNICO EUROPEO PER LE EMERGENZE
27/06/2017
One one two (e non centododici) è il numero unico europeo per le emergenze
La direttiva europea prevede che attraverso il 112, sia da telefono fisso che da cellulare, il cittadino europeo possa chiedere l’intervento di emergenza grazie a una centrale operativa in grado di smistare la richiesta al terminale adeguato.
Alcuni Stati membri (Danimarca, Estonia, Finlandia, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Romania e Svezia) hanno adottato il 112 come numero unico di emergenza, mentre negli altri Stati membri il 112 funziona in parallelo con i numeri di emergenza nazionali.
Il 112 è inoltre in uso in alcuni paesi non membri dell’Unione Europea (come la Svizzera e il Sudafrica) ed è disponibile in tutto il mondo sulle reti di telefonia mobile (GSM).
In Italia
Sono sempre di più le persone che utilizzano il 112 come Numero Unico dell’Emergenza, ma ancora un’importante fetta di popolazione non conosce o non sa utilizzare al meglio questo importante servizio
Nel nostro Paese, l’attivazione del Numero Unico è partita in Lombardia e nel Lazio (per le zone con prefisso 06); entro il 2017 sarà attivo anche in Friuli Venezia Giulia, Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta, per estendersi anche a tutte le altre regioni.
Il servizio consentirà una maggiore rapidità degli interventi di soccorso e la razionalizzazione dei costi e delle risorse. Il servizio prevede l’accessibilità anche a persone con disabilità e un servizio di risposta multilingue.
In Italia il numero unico per le emergenze è attivabile anche via app. Si chiama Where Are U e consente di chiamare la Centrale operativa e inviare direttamente la propria posizione.
E’ inoltre attivo il canale Youtube All About 112, una piattaforma dove le regioni che hanno già attivato il servizio possono condividere le esperienze e le buone pratiche sul NUE – numero unico di Emergenza.
In Italia al momento restano attivi i numeri di emergenza nazionali: il 112 dei Carabinieri, il 113 della Polizia di Stato, il 115 dei Vigili del Fuoco, il 118 per il Soccorso sanitario.
www.europarl.europa.eu

TEMPO DI VIAGGIARE. DOVE È POSSIBILE PAGARE IN EURO?

Quali sono i Paesi europei in cui non si può pagare in euro?
I Paesi europei in cui non si può pagare in euro sono:
· Gran Bretagna (la moneta è la sterlina)
· Bulgaria (la moneta è il lev);
· Croazia (la moneta è la kuna);
· Polonia (la moneta è lo zloty);
· Repubblica ceca (la moneta è la corona ceca);
· Romania (la moneta è il leu);
· Svezia (la moneta è la corona svedese);
· Ungheria (la moneta è il fiorino ungherese);
· Danimarca (la moneta è la corona danese).

Inoltre i Paesi europei in cui non si può pagare in euro perché non fanno parte dell’Unione europea sono:
· Bosnia-Erzegovina;
· Albania;
· Kosovo;
· Montenegro;
· Serbia;
· Bielorussia;
· Svizzera;
· Azerbaijan;
· Armenia;
· Georgia;
· Norvegia;
· Islanda;
· Macedonia;
· Moldavia;
· Turchia;
· Liechtenstein;
· Russia;
· Ucraina.

In alcune città del Canton Ticino, in Svizzera, viene accettato il pagamento in euro, anche se bisogna sempre stare molto attenti al cambio applicato al momento di fare un acquisto.

CANI IN SPIAGGIA: COSA DICE LA LEGGE

Ancora oggi non esiste una legge nazionale che regoli l’accesso degli animali sul demanio marittimo. In mancanza di espresso divieto comunale e o della locale capitaneria vale la regola generale dei luoghi pubblici: guinzaglio e o museruola ove prescritto. Dunque bisogna fare riferimento alle leggi o alle ordinanze regionali perché esse danno facoltà alle Amministrazioni comunali o alla Capitaneria di Porto di regolare in autonomia quali siano le zone, e le modalità, con cui gli animali posso accedere alle spiagge.
In linea di massima per poter vietare l’ingresso ai bagnanti che hanno con sé il proprio cane è necessario che i comuni emettano un’ordinanza di divieto e che tale divieto sia motivato: bisogna specificare l’estensione oraria di tale divieto, deve essere firmata dalla Capitaneria.
Spiagge private
Per le spiagge private vale l’obbligo e il divieto di permanenza di animali. Possono decidere di accogliere gli animali ma devono seguire una serie di prescrizioni:
• la zona dedicata agli animali deve essere recintata e attrezzata dove l’animale possa bere, essere lavato e deve avere un apposito percorso per essere raggiunta;
• i proprietari di animali devono rilasciare una dichiarazione in cui affermano che l’animale è vaccinato e devono munirsi di libretto sanitario.
Battigia
Ai bagnanti è sempre concesso transitare e sostare sulla battigia delle aree in concessione, pur senza pagare e senza subire pregiudizi di sorta.
Mare
Il mare resta, comunque, zona off limits per gli animali: in nessun caso, infatti, è loro permesso entrare in mare.
Multe
Si rischiano multe di 200 euro, per i proprietari, e per i bagnini la multa va da 1000 a 3mila euro.