COME ESCLUDERE DALLA COMUNIONE DEI BENI LA CASA COMPRATA COI SOLDI DI UNO SOLO DEI CONIUGI

COME ESCLUDERE DALLA COMUNIONE DEI BENI LA CASA COMPRATA COI SOLDI DI UNO SOLO DEI CONIUGI

Una recente pronuncia della Cassazione (sez. II Civile, 12.03.19, n. 7207) chiarisce quali sono i requisiti per escludere dalla comunione dei beni la casa acquistata con denaro di uno solo dei coniugi.

In linea generale i beni acquistati durante il matrimonio da ciascuno dei coniugi ricadono immediatamente in comunione. Se i coniugi acquistano insieme, acquisiscono la titolarità congiuntamente e in parità di quote del bene che confluisce nella comunione legale.

Anche gli acquisti fatti da un solo coniuge separatamente confluiscono nella comunione.

Sottrarre un bene alla comunione non è lecito, richiede diversi requisiti, come chiarito bene dalla Cassazione nella pronuncia di qualche giorno fa.

I vantaggi di attribuire la titolarità di un .bene a un solo coniuge, nonostante la comunione legale, lo si vede in caso di:

  1. separazione della coppia: l’immobile non viene diviso ma resta nella proprietà chi lo ha acquistato;
  2. fallimento del coniuge imprenditore: il bene escluso dalla comunione e rimasto nella proprietà dell’altro coniuge non potrà mai essere acquisito dal tribunale e venduto all’asta; 
  3. debiti e di pignoramenti da parte dei creditori i quali possono aggredire solo i beni del debitore e, al 50%, quelli della comunione ma non quelli personali

L’art. 179 del codice civile stabilisce che non costituiscono oggetto della comunione e sono beni personali del coniuge:

a) i beni di cui, prima del matrimonio, il coniuge era proprietario o rispetto ai quali era titolare di un diritto reale di godimento;

b) i beni acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di donazione o successione, quando nell’atto di liberalità o nel testamento non è specificato che essi sono attribuiti alla comunione;

c) i beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro accessori;

d) i beni che servono all’esercizio della professione del coniuge, tranne quelli destinati alla conduzione di un’azienda facente parte della comunione;

e) i beni ottenuti a titolo di risarcimento del dannononché la pensione attinente alla perdita parziale o totale della capacità lavorativa;

f) i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati o col loro scambio, purchè ciò sia espressamente dichiarato all’atto dell’acquisto.

L’acquisto di beni immobili, o di beni mobili elencati nell’articolo 2683, effettuato dopo il matrimonio, è escluso dalla comunione, ai sensi delle lettere c), d) ed f) del precedente comma, quando tale esclusione risulti dall’atto di acquisto se di esso sia stato parte anche l’altro coniuge.

Proprio qui si innesta la recente pronuncia della Cassazione.

La Cassazione sottolinea che nel caso di acquisto di un immobile effettuato dopo il matrimonio da uno dei due coniugi in regime di comunione legale, oltre alla partecipazione al rogito notarile dell’altro coniuge non acquirente si pone come condizione necessaria ma non sufficiente per l’esclusione del bene dalla comunione; né basta il concorde riconoscimento da parte dei coniugi della natura personale del bene. È necessario che ricorra una delle cause di esclusione dalla comunione tassativamente indicate dal codice civile.

I coniugi non possono, quindi, decidere (anche se sono d’accordo) di escludere un determinato acquisto dalla comunione se non si è in presenza di una delle condizioni di esclusione che abbiamo elencato sopra.

Ed allora – conclude la Corte – non basta dire che la casa è acquistata con il denaro personale di uno dei coniugi, ma bisogna anche poterlo dimostrare. Se manca tale prova, l’immobile rientra nella comunione dei beni. Quindi potrà essere acquisito da una eventuale procedura fallimentare, potrà essere pignorato (al 50%) dai creditori dell’altro coniuge non acquirente o andrà diviso in caso di separazione e divorzio tra marito e moglie.

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